giovedì 25 dicembre 2008

Buon Natale

Oh, oh, oh...Buon Natale! Mentre navigavo per trovare qualche messaggio educativo per il mio nipotonzolo (e ovviamente non poteva venire da me qualcosa di educativo, prrrrr) ho trovato questo testo e mi è piaciuto.
Un abbraccio natalizio
Or


Natale, un giorno

Perchè
dappertutto ci sono così tanti recinti?
In fondo tutto il mondo è un grande recinto.

Perchè
la gente parla lingue diverse?
In fondo diciamo tutti la stessa cosa.

Perchè
il colore della pelle non è indifferente?
In fondo siamo tutti diversi.

Perchè
gli adulti fanno la guerra?
Dio certamente non lo vuole.

Perchè
avvelenano la terra?
Abbiamo solo quella.

A Natale - un giorno - gli uomini andranno d'accordo in tutto il mondo.
Allora ci sarà un enorme alberodi Natale con milioni di candele.
Ognuno ne terrà una in mano, e nessuno riuscirà a vedere l'enorme albero fino alla punta.

Allora tutti si diranno "Buon Natale"a Natale un giorno.

Hirokazu Ogura

mercoledì 17 dicembre 2008

Finalmente, Chapare

Purtroppo avevo un sonno pazzo, e lungo il tragitto per il Chapare che mi avevano detto bellissimo ho dormito. Eppure curiosissima. Del Chapare, del tropico, qui a Cochabamba me ne avevano parlato più volte come di un paradiso. Fiumi, giungla! E tante volte era ritornato con quella cantilena “Ehe, se vedessi il tropico...” e dei puntini di sospensione che si allargavano nello spazio tra l’ultima parola ed un sospiro.
.
Il Chapare si estende a est di Cochabamba dopo l’ultimo residuo di montagne boliviane. Zona di turismo, coca e frutta tropicale è incanto e orrore. Fiumi larghi e sinuosi carichi di pesci che nella stagione delle pioggie rubano spazio alla terra e uccidono esseri umani. Alberi altissimi e fecondi, fitta maglia verde che dona frutti. Pianta di coca che da’ pane ed energia ma può trasformarsi in polvere bianca e mortifera.

Finalmente, Chapare. Riapro gli occhi sulla strada per Eterazama, centro di poche case e tanta terra. Per noi abituati a posti in cui ci si pesta i piedi anche stando fermi, il Chapare è un verdissimo deserto.

Ad Eterazama ci andiamo per visitare una scuola in costruzione: corsi di infermeria, agronomia e informatica. La scuola è inspiegabilmente grande per i miei occhi, ma tra un succo di ananas e un fazzoletto pieno di sudore scopro che in quella zona che a me sembra deserta ci sono più di 8000 giovani. Con pochi sbocchi in loco, spesso emigrano verso le città o l’estero in cerca di lavoro, studio e stimoli. La scuola vuole mantenerli lì, con le loro famiglie e un lavoro dignitoso. Dignitoso nella paga ma anche nella costanza e possibilità di fare una vita serena.

Qui in Chapare non sempre si può. Da una parte i prodotti della terra – frutta tropicale, più che altro – sono venduti sul mercato interno e internazionale a prezzi troppo bassi per dirsi dignitosi o equi, dall’altra brucia la piaga della produzione di cocaina. La coca in Bolivia è prima di tutto una pianta tradizionale dai molti usi terapeutici e sociali. All’estero è nota per tutt’altro. Ondeggia nella testa la parola, e subito la lingua l’articola: cocaina.
Saltellando tra le buche e scansando le fronde abbondanti sulle strade del Chapare, penso che qui inizia quel viaggio infausto che passa mani e frontiere. In Chapare lascia soldi facili, insicurezza, disgregazione, violenza, mafie. Penso questo guardando un paesaggio meraviglioso e penso che sì, con i loro occhi abituati a tanta bellezza, i giovani di qui meritano davvero qualcosa di meglio! Bello!

sabato 13 dicembre 2008

Last but not least...day!


Ultimo giorno in Libano. Nell'anno 2008. Si riprenderà, tuttavia, l'avventura nel nuovo anno che termina con 9...e nove sono i mesi che mi rimarranno da trascorrere in Libano prima della fine del progetto di servizio civile.

Non vi ho ancora parlato di Lei e lo farò in seguito perchè il giorno prima della partenza bisognerebbe anche fare una valigia. Sono contenta di tornare ma Lei un po' mi mancherà...Ivonne è la mia preferita. Non si dovrebbe ma è così, se vi pare. Allora:

Ciaooooooo Ivonne! A presto! (Lei non capirebbe e risponderebbe "Mabaref", non so).
Abbracci

venerdì 12 dicembre 2008

Aspettando i baci e gli abbracci di....

Sono in treno. Sto tornando a Mantova dopo questi 2 mesi di R.Moldova. Il viaggio è andato benissimo. L’aereo è partito e arrivato in orario e il pericoloso sciopero dei treni che era previsto per oggi in Italia è stato sospeso visti i grossi disagi del maltempo che ci sono stati in questi giorni.

Aspettando di ricevere baci e abbracci da mia sorellina di 8 anni, penso a quante belle partite di “battaglia navale” e “domino” ci siamo fatti finora su skype e visto che eravamo più impegnati a giocare che a parlare spero di poterle raccontare tante belle cose del mio viaggio.

Aspettando di ricevere baci e abbracci dei miei compagni SCE, penso alla settimana intensa che ci aspetta tra il residenziale di Villa Pizzone e le giornate in Caritas che sono sicuro passeremo con la stessa gioia dei giorni di formazione fatti in ottobre.

Aspettando di ricevere baci e abbracci dei miei amici, penso a quanto poco li ho sentiti e quanto molto ho da raccontar loro.

Aspettando di ricevere baci e abbracci dai nostri capi progetto, penso a quanto lavoro svolgono per noi e per i nostri progetti, a quanta passione e serietà ci mettono e quindi per questo li ringrazio.

Aspettando di ricevere la Domy, penso a tutti gli scontrini che ho accumulato (spero) in modo corretto con Giulia e quindi spero di ricevere baci e abbracci anche da lei dopo che avremo finito di fare la contabilità.

Aspettando di ricevere baci e abbracci dai mie colleghi di lavoro moldavi al mio rientro in gennaio, penso quello che ho visto che ho fatto finora e quello che mi attende per i prossimi 9 mesi circa in R. Moldova. Il lavoro da fare qua in R.Moldova è ancora molto; devo imparare una lingua che mi è fondamentale per rapportarmi con le persone e una volta che sarò abbastanza padrone della mia parlantina rumena dovrò cimentarmi in progetti, riunioni, incontri, campi estivi e chi sa cos’altro. Quindi il sostegno di questi colleghi moldavi mi sarà fondamentale!!


Ovviamente oltre a ricevere sarò ben contento di dare anche i miei baci e abbracci a chiunque ne abbia bisogno!

A presto, Lorenzo.

Io, figlia di tante persone

17 anni.
17 anni che non si possono raccontare tutto d’un fiato. Sono cresciuta fino ad ora grazie a delle persone che in un modo o nell’altro hanno voluto aiutarmi.
Da piccola c’erano i miei genitori che mi aiutavano, mi hanno cresciuta, mi hanno accudita, ma poveri loro i problemi erano tanti forse troppi per loro. Oggi i miei ricordi vagano da una parte all’atra, mi ricordo di loro che abbracciavano nelle loro braccia, di loro che bevevano, di loro che mi portavano d’estate a giocare nei campi, di loro che dopo ogni cena litigavano….

Dopo anni di tira e molla i miei genitori scompaiono, io rimango da sola e vado a vivere in istituto. Con me molti altri ragazzi e ragazze che hanno avuto anche loro un passato pesante alle spalle e hanno poca fiducia di quello che gli può offrire il mondo. Anche stare con loro e appoggiarci a vicenda mi ha aiutato ma il tempo scorreva sterile in questo posto. Ogni giorno lo stesso tram-tram quotidiano. I maestri e tutti gli adulti che c’erano avevano una gran voglia di aiutarci ma eravamo troppi, troppi da poter gestire, troppi da poter ascoltare uno a uno, troppi da poter portare sulla retta via. Ma più eravamo e più la direttrice era contenta perché riceveva più contributi statali e la sua “baracca” poteva andare avanti bene, magari riuscendo pure a tenersi qualcosa da parte…..

Gli anni in istituto mi hanno insegnato tanto ma anche niente. Tra poco sarei uscita ma non avevo niente da fare, nessuno da cui andare. I miei genitori sono sempre attaccati alla bottiglia, i miei fratelli sono morti e i pochi parenti che ho non hanno posto per me nella mia vita.
Un giorno degli uomini mi propongo di andare in una casa. Una casa con altre ragazze, alcune sono proprio del mio istituto, le conosco.
Penso subito che sia come un altro istituto, però per ragazze un po’ più grandi. Sono titubante ma accetto, le alternative non sono poi così tante.

Questi uomini e donne che mi stanno aiutando sono come tutti quelli che mi hanno aiutato finora. Sono uomini e donne semplici, con la stessa voglia di donare loro stessi come l’hanno avuta i miei genitori, i miei maestri e tutte le persone che ho incontrato nella mia vita. Con questi uomini e donne sto imparando tante cose utili: mi fanno studiare per impare un lavoro, mi insegnano a cucinare, mi insegnano a gestirmi la vita e tutto quello che mi circonda.

Spero un giorno di poter essere indipendente e fare a meno di queste persone che mi aiutano, anzi magari in un prossimo futuro spero di poter essere io a poter dare una mano ai miei figli, ai miei amici e a tutte le persone che mi chiederanno aiuto o che vedrò in difficoltà.

(non è una storia vera, è una mia interpretazione raccontata così, come mi è venuta in mente la sera che l’ho scritta - Lorenzo)

martedì 9 dicembre 2008

La chanson des vieux amants

La pioggia mi rende malinconica e sulle note di Jacques Brel questo malumore si radica nel profondo. Domenica tornerò alla casa di origine e i giorni di formazione mi chiederanno di "tirar fuori", mi svuoteranno. Un'analisi della situazione vissuta fino ad ora sarà doverosa. Genero l'impressione di temere questo momento? Ebbene un po' è così. Ora, è troppo presto tornare e raccontare un vissuto ancora incompreso, a partire dalla questione di base: qual è il mio ruolo? Esiste un ruolo? Sono Oriana là e qui...qui ogni tanto sono anche Soraya, Rania per gli adorabili distratti o Rura per le ragazze palestinesi incontrate a Siblin durante l'evento sportivo delle "Palestiniadi" (eh, eh post ancora in itinere).
Prima di partire, su un cartellone bianco caro a Matteo (a proposito il limite di tre fogli a giorno è ancora valido?), avevo scritto nella metà dei soggetti discussi ma che destavano ancora dubbi la parola SVILUPPO. Dopo un mese e mezzo di presenza nel campo, tuttavia, questo argomento non si è chiarificato e anzi ha sollevato maggiori perplessità.
Penso a loro e a come li ritroverò: forse già inseriti, "imparati", convinti, decisi, consapevoli. Questo pensiero mi fa sentire manchevole. Sospetto di non essermi spinta al di là degli umani limiti, luogo dove sono normalmente condotta dalla mia curiostià. O forse, i miei compagni di viaggio, saranno complici del mio stato d'animo, ancora una volta con loro non mi sentirò sola e tirerò un gran sospiro di sollievo.
"Due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai. Potranno scegliere imbarchi diversi, saranno sempre due marinai." Francesco De Gregori, Compagni di Viaggio.

Rachel...

Vi propongo il testo di una canzone della Casa del Vento, ispirata da una poesia che Rachel scrisse alla madre pochi giorni prima di morire.
Rachel Corrie, ragazza pacifista statunitense di 23 anni, voleva impedire, facendo scudo col proprio corpo, che i alcuni bulldozer abbattessero degli insediamenti lungo la striscia di Gaza, Palestina. Si adagiò in traiettoria del Bulldozer di 9 tonnellate, disarmata e chiaramente visibile. La ruspa guidata da un soldato, sotto gli ordini del suo comandante, la travolse. Era il 16 marzo del 2003.



Rachel and the Storm
(Casa del Vento feat Elisa)

È arrivato il momento
Io non posso aspettare
È un momento perfetto
Per decidere di andare.

Vorrei farvi vedere
L'arida terra su cui cammino
Tutti i segni del fuoco
E dove crescono i loro bambini.

Not in some distant place
Not a far away day
If I stuble and fall down
I will stand up again.

In the light of the dawn
I'll see the birds soar beyond the wall
I'll give them my strenght
I cannot believe in the end of the world.

And so I shall go
In the rage of the storm
'cos only on earth
I find heaven.

Rachel hold her head high
Against the storm.

Come il cielo e la terra
Noi ci incontreremo
Dopo il sogno e la veglia
Noi ci incammineremo.

We dance on the edge
We challenge the fear of the void
We cannot allow
This fall towards the end of the world.

And so I shall go
In the rage of the storm
'cos only on earth
I find heaven.

Rachel hold her head high
Against the storm.

Rachel hold her head high
Against the storm.


Un abbraccio.

lunedì 8 dicembre 2008

korogocho

Korogocho, è una parola Kikuyu che significa caos, confusione. Questo slum si trova alle porte della discarica di Nairobi, lontano dal centro, lontano dai quartieri ricchi, lontano dagli occhi. Passeggiando tra i vicoli di questo quartiere senti l'odore, la puzza dell'immensa distesa di rifiuti..è un odore a volte insopportabile. In mezzo a questa baraccopoli scorre anche un fiume. Acqua nera. Sembra che scorra catrame, pece. Spazzatura e immondizia in ogni angolo. Con l'arrivo dell'estate e il grande caldo, qua e là si intravedono alcuni fuochi accendersi, per autocombustione. Quello che brucia è diossina pura, basta pensare che qui arrivano anche gli scarichi dei tre aeroporti di Nairobi. Qui arrivano due milioni di tonnellate di rifiuti al giorno. È una discarica da primo mondo: televisioni, monitor, rifiuti altamente tossici. E in mezzo a tutto ciò bambini, uomini, donne, che raccolgono i rifiuti, raccolgono tutto ciò che è rivendibile. Ai lati delle strade puoi vedere posate, piatti, scarpe, televisioni, libri. Di tutto. Qui è tutto riutilizzabile: i fogli di giornale per avvolgere i chapati, un telefono da mettere in casa per fare bella figura con chi ti viene a trovare, anche se non funziona. Di tutto quello che viene venduto, parte del ricavato lo prende il boss di turno. Già perché in discarica regna l'eco-mafia: ogni ragazzino, ogni persona, può prendere i rifiuti di una zona, non di un'altra; può raccogliere solo certi tipi di rifiuti, non altri. I privilegiati sono quelli che possono rovistare tra la spazzatura che arriva da Karen, o da Langata, i quartieri dei ricchi e della maggior parte degli occidentali. È una mafia malsana, come l'ambiente in cui queste persone lavorano, che guadagna sul consumismo della grande città.

Nel 2004, p. Daniele e p. Paolo, due missionari comboniani, hanno manifestato contro la discarica, ma sono stati colpiti a sassate da alcuni bambini per disperdere la manifestazione: i bambini erano stati assoldati dai boss dell'eco-mafia per far sgomberare le persone. A questi bambini era stata data la ricompensa di poter cercare rifiuti dove volevano, senza rispettare le regole.

Sopra la discarica si vedono volare alti nel cielo per poi posarsi uccellacci neri, con un'apertura alare di 3 metri, inquietanti, orribili: molte volte quando scendono in picchiata a prendere il cibo colpiscono anche i bambini, uccidendoli con il loro enorme becco.

Korogocho è già una discarica di per sé: sulle bancarelle dei mercati vedi i resti dei grandi ristoranti, dei grandi hotel; vedi infatti solo teste e zampe di gallina e di capra, perché il resto del corpo lo hanno già cucinato; vedi friggere in grosse padelle solo la testa, la coda e la lisca dei pesci, vedi friggere e mangiare gli scarti. Così gli albergatori guadagnano due volte. Addirittura dagli alberghi arriva anche la droga, che poi i ragazzi ne fanno largo uso: i turisti acquistano droga a bassissimo prezzo, ma ne comprano talmente tanta che poi rimane nelle stanze degli alberghi; così, dopo aver attraversato tutta la città, arriva a Korogocho.

I progetti per bonificare la discarica ci sono: punti di raccolta in tutta la città, per poter raccogliere rifiuti riciclabili, e quello che non è riciclabile in grandi vasche di contenimento fuori da Nairobi, bonificare il terreno, sempre che la terra non si ribelli.

Nonostante questo abbiamo passato una giornata indimenticabile a Korogocho, in compagnia di p. Paolo, e altri due volontari, chiacchierando, cercando di capire, visitando i progetti che danno speranza a questi bambini, ragazzi, già rovinati dall'uso della colla, delle droghe. Per dare speranza alle donne, sole, o altre volte picchiate da mariti ubriachi. Da circa 20 anni i comboniani lavorano in questa discarica, in questa “confusione”, prima con p. Alex Zanotelli, poi con p. Daniele ed ora con p. Paolo. Un lavoro lento e costante, al fianco dei miseri, dei più deboli, dei più poveri. I risultati si vedono, molti ragazzi iniziano a uscire dai giri della colla e dell'eco-mafia, si intravede la vita che esplode da questi sorrisi, da questi volti, è la vita che esplode...

domenica 7 dicembre 2008

Canzone popolare

Abbiamo assistito a un bello spettacolo in teatro.

Vi lascio uno scorcio di musica popolare. Spero sia capibile nonostante la bassa qualità di video.

Cancro si scrive con la C

Ho letto un articolo interessante.

Una storia di donne, donne “senza speranza”, donne rinchiuse in un ospedale, asettico e da quell’odore inconfondibile, donne povere, ma donne che non smettono mai di lottare.
Fino alla fine.

Così scopro di questo progetto del comune di Managua nell’ospedale Bertha Calderòn, iniziato il 19 febbraio del 2007, per l’alfabetizzazione di venticinque donne malate di cancro.
Non sono certa, ma credo che la cosa proceda.

All’inizio, lo ammetto, ho creduto fosse solo una specie “d’intrattenimento”, un “far passare il tempo”, come un lavoro all’uncinetto, come quattro chiacchiere con la vicina, una partita a carte....
Già, l’ho pensato, che stupida.

Forse perchè io so leggere. Forse perchè io so scrivere.

Allora, all’improvviso, ho realizzato cosa possa aver significato, per queste donne, scrivere una lettera ai figli, lasciare dei pensieri impressi su un pezzetto di carta, scoprire di poterlo fare, di poter studiare, anche durante una chemioterapia, quando ti è stata succhiata tutta l’energia necessaria, ma non la voglia di vivere.
Ho sentito quel gorgoglìo nello stomaco immaginando l’orgoglio nel mostrare una frase tremante.

Noi lo diamo per scontato, diamo tutto, sempre, per scontato.
Studiare? Un diritto o una forzatura, però riesce sempre a scioccarmi come altrove il poter studiare sia considerato invece una ‘fortuna’, un’opportunità, una chance, banalmente, per una vita migliore.
O, come per queste donne, un piccolo, grande, traguardo.

E l’articolo si conclude con una domanda a doña Juana Tòrrez:
-Ha paura della morte?
-(Sorride) No, non ho paura. Siamo nati per questo, per morire.
Però penso alle mie povere figlie che rimarranno sole.

venerdì 5 dicembre 2008

Immortaliamo.....Quando il jefe ci venne a trovare...


Sara, Elisa (B), El Jefe Bonni, Elisa (F)....

giovedì 4 dicembre 2008

Non c`e` giustizia senza perdono

Incontro di Taizé a Nairobi: 6.000 giovani da ogni parte dell'Africa; tra questi Mozambico, Ghana, Togo, Madagascar, Angola, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Congo Brazaville, Rwanda, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya. Alcuni giovani dall'Asia, un centinaio dall'Europa.

Le famiglie keniane hanno aperto le loro porte per accogliere tutti questi 6.000 giovani tra i 18 e i 30 anni. Tutte le parrocchie di Nairobi hanno accolto calorosamente i pellegrini di Taizé, Kariobangi, Dagorethi, per citarne alcune; anche Kahawa West, la nostra parrocchia, ha ospitato una cinquantina di persone da Kenya, Uganda e Tanzania. E Italia. Un ragazzo e una ragazza da Torino, Riccardo e Ilaria, dopo mille peripezie, e dopo svariati rimbalzi da una parrocchia all'altra sono arrivati qui da noi.

Al mattino con il gruppo giovani siamo andati a visitare luoghi di speranza nei dintorni della parrocchia: abbiamo visitato i progetti della Comunità di Papa Giovanni XXIII a Soweto, il Rainbow Project e Baba Yetu; un altro giorno invece Sister Raquel ci ha parlato della Cafasso House.

E poi liberamente alcuni ragazzi hanno condiviso alcune riflessioni, alcune impressioni su questo evento: uno dei temi ricorrenti era il bisogno di pace e di perdono. In particolare qui in Kenya, dopo le violenze di dicembre che sono poi continuate fino a febbraio, i giovani hanno espresso il desiderio e la volontà di perdonare e di dimenticare: forgive and forget era il motivo che ritornava sulla loro bocca. Questo meeting di Taizé è stata un'occasione importantissima per la riconciliazione fra le varie tribù che abitano il Kenya: famiglie di ogni etnia hanno aperto le porte delle loro case a giovani Luo, Kikuyu, Kisi, Kalenjin. È stato un passo importantissimo verso la riconciliazione, verso il perdono, verso la convivenza pacifica. C'è bisogno di perdonare per costruire una nazione nuova e soprattutto una nazione unita.

Ma sappiamo quanto è difficile perdonare, dimenticare i torti fatti e subiti; un prete proveniente dalla Tanzania durante una condivisione spontanea ci ha rivolto questo indovinello: cos'è quella cosa che è facile da cantare, ma molto difficile da ballare? Le risposte sono due: amore e perdono; tanto facile a dirsi, si dicono tante belle parole, tanti buoni propositi, ma siamo veramente capaci poi di ballare, di metter in pratica queste parole?

Quando i ragazzi parlavano del bisogno di perdonare, ma anche di dimenticare per poter vivere in un mondo più giusto, mi è venuto in mente il titolo del libro scritto da Desmond Tutu, “Non c'è giustizia senza perdono”, proprio a sottolineare l'urgenza di vivere nella pace e nel perdono, di vivere cercando un mondo diverso.

Per il pranzo invece ci si recava ogni giorno al seminario diocesano Queen of Apostoles con pullman organizzati appositamente da Taizé: qui i 6.000 pellegrini si ritrovavano per il pranzo e per la preghiera. I momenti della preghiera sono stati momenti quasi magici, emozionanti, straordinari. Abbiamo visto mischiarsi l'energia dei canti e balli africani con il silenzio e i canti meditativi della comunità di Taizé, in un vortice di spiritualità e di preghiera. Le riflessioni del priore della comunità di Taizé, frére Alois e le parole del vescovo di Nairobi, hanno riempito l'evento con parole di pace, di speranza. Il vescovo, in un discorso breve ma intenso, ha sottolineato il fatto che prima di essere keniani, congolesi, spagnoli, rwandesi, sudafricani, italiani, siamo esseri umani, siamo creature di Dio, capaci di amare e di perdonare. Durante le preghiere eravamo seduti per terra, in tendoni enormi costruiti per l'evento: eravamo 6.000 persone e nessuno era seduto di fianco ad un altro del suo stesso paese, talmente era forte il mescolamento di culture, etnie, lingue, costumi, capigliature e stili di vita.

Il tutto condito dai workshop del pomeriggio, con rappresentazioni teatrali, di danze e canti da ogni parte dell'Africa, laboratori di testimonianze di vite di cristiani, dialogo interreligioso guidati dai fratelli della comunità.

Siamo stati testimoni di un evento intenso, spirituale e culturale: abbiamo visto e ascoltato storie di speranza e di pace. Una su tutte: un pullman arrivato a Nairobi per l'evento portava ragazzi da Bukavu e da Goma, città della Repubblica Democratica del Congo, insieme a ragazzi provenienti dal Rwanda; un gesto di pace che ha coinvolto due paesi che stanno affrontando difficili tensioni.

Infine frére Alois ha consegnato un'icona ai rappresentanti di ogni paese che ha partecipato all'incontro, in modo che coloro che erano presenti al meeting possano essere pellegrini di fiducia e di speranza nei loro paesi: ogni volta che veniva nominata la nazione un tripudio di applausi, fischi, urla e grida accoglievano i vari rappresentanti; gli applausi aumentavano per accogliere i paesi che attualmente sono più in conflitto: Congo, Sudan, Rwanda. E quando è stato il momento del Kenya un boato si è alzato dalle 6.000 persone, tutti hanno gioito per ringraziare della bellissima ospitalità offerta dalle famiglie di Nairobi e per la stupenda esperienza passata insieme a giovani da ogni dove dell'Africa.

mercoledì 3 dicembre 2008

La mia prima riunione de ‘La Escuela de padres’

(31.10.2008)

Al Centro i ragazzi nn c'erano perchè i professori si stanno organizzando per le valutazioni, feste varie e, come sempre una volta al mese, c'è stato l'incontro coi genitori.

Non lo nego, ero emozionata.

Il tutto si snoda attorno al ‘pretesto’, vero ed utile, di spiegare ai genitori le disabilità dei loro figli...in maniera un po' più tecnica ma applicabile alla cura, al sostegno, alla prevenzione e poi all'improvviso tutta la loro 'magia di vite disperate' ha riscaldato el comedor dove si teneva la riunione.
Aprirsi, comunicare, condividere, ascoltare e, soprattutto, essere ascoltati da chi, come loro, è stato 'punito' con una creatura che non può ascoltarti, non può parlare, non può muoversi, non può capire tutto come lo capisci tu ma che non ti fa mancare il suo incredibile amore silenzioso o fatto di tanti gesti 'strani'.
E così, per una volta, anche questi genitori, che escono da un angolo di dolore, possono sfogarsi e sentirsi parte di qsa di più grande...

Alla nonna di Carlito sono morti due figli, insieme, in un incidente e, come non bastasse, la figlia torna e le 'molla', uno alla volta, tre dei suoi figli di cui uno, Carlito appunto, affetto da idrocefalia.
Ora questa fortissima donna si alza alle quattro del mattino per organizzare la vita dei suoi angioletti, poi va a lavorare, sola, povera, in una bidonville nicaraguense.
Ma lei Carlito non lo butta, lo ama e si sacrifica per fargli avere ciò che può.
Stavo seduta accanto lei che piangeva, emozionata, la guardavo....i piedi sporchi, le mani invecchiate dalle fatiche e sentivo tutta la sua forza...era una vibrazione enorme, mi scuoteva....

Ognuno di loro sedeva con un segreto ed il desiderio di una vita migliore per i propri figli.Mi sono sentita toccata, profondamente, da quest'esperienza umana...

C'era anche la mamma di Roberto che ha 18 anni e fa parte del gruppo di ritardo mentale e disturbi cognitivi...
E’ una donnona tutta d’un pezzo, alta e sorridente. Proprio come lui.
Robero tutte le volte che ti vede ti abbraccia, fortissimo, affettuosamente...lo fa con tutti...sorride sempre, ha gli occhi buoni, ha gli occhi dolci.
Come un pugno nel ventre quando poi mi hanno raccontato che, dato che sua madre è l'unico genitore per tre figli e deve andare a lavorare per farli vivere, lui passa tutto il giorno nelle strade di questo suo inferno e viene/veniva (come sapere tutta la verità?) abusato da un coetaneo.
Mi viene la pelle d'oca.
Peccato che qui sia una realtà troppo presente, troppo normale.
Storie di sopravvivenza.

Permesso di soggiorno - parte 1

Ciao a tutti, vorrei condividere la nostra esperienza di emigranti che stanno cercando di ottenere il permesso di soggiorno.
Non so da altre parti, e non so neppure come sia in Italia, ma quà in Moldova stiamo facendo fatica. Oggi siamo andati all'ufficio del lavoro per poter fare il 1° dei tre passaggi che abbiamo da fare per ottenere il magico permesso.
Abbiamo preparato tutti i documenti, foto, dichiarazioni dal notaio....in ufficio la nostra controparte si è impegnata tantissimo per fare i loro documenti....ma niente.

Oggi all'ufficio del lavoro siamo stati accolti da un burocrate integerrimo. Ha controllato i documenti che gli abbiamo dato e in 2 secondi ci ha liquidato dicendo che non sapeva come fare perchè essendo qua volontari e non pagati dalla controparte locale non aveva i dati sufficenti per fare la procedura. Quindi ci ha mandato dal capo che parlando col nostro collega moldavo ci ha mandati a casa con un nulla di fatto. Ora dobbiamo trovare il modo per far comparire che in qualche modo abbiamo un budget per mangiare e vivere qua in Moldova.

Qua in Moldova non esiste una legge che regola il volontariato, quindi la nostra posizione non è chiara. Non essendoci neanche un accordo tra lo Stato Italiano e quello Moldano non possiamo neanche presentare il nostro contratto di Servizio Civile.
Insomma dobbiamo cercare un cavillo nelle procedure moldave per poter continuare questa lunga procedura!!

Possiamo ritenerci fortunati che abbiamo dei colleghi moldavi che ci aiutano nelle procedure e nella lingua quando c'è da litigare con questi burocrati.
Con questa esperienza dò tutta la mia solidarietà alla persone che cercano di avere il permesso di soggiorno in Italia che, da quel pochissimo che so, non è facile. E spero che anche queste persone possano trovare delle brave persone italiane (come noi abbiamo trovato delle brave persone moldave) che possano aiutarli nelle lunghe e stressanti procedure che ci sono.

martedì 2 dicembre 2008

Dedicato alle mie amiche SCE...

Mea culpa.
Nemmeno due righe da quando, finalmente, siamo riusciti ad aprire il blog...Perdono!

No, no, non siamo sparite, queste Nicaraguensi!!!...
Avrei milioni di cose da dirvi e, a proposito, se in formazione prima di partire abbiam lasciato il segno con logorroicismo vario, suggerirei a Matteo, Sergio, Maurizio & co di fare una bella cura di Supradin prima del nostro rientro...

Fatta la premessa vorrei iniziare il mio contributo informatico con una poesia, una poesia di Gioconda Belli (poetessa nicaraguense), una poesia forse poco conosciuta, una poesia che dedico alle mie nove compagne sparse per il mondo.
Vi abbraccio.

REGLAS DEL JUEGO PARA LOS HOMBRES QUE QUIERAN AMAR A MUJERES MUJERES

I
El hombre que me ame
deberà saber descorrer las cortinas de la piel,
encontrar la profundidad de mis ojos
y conocer lo que anida en mì,
la golondrina trasparente de la ternura.

II
El hombre que me ame
no querrà poseerme como una mercancìa,
ni exhibirme como un trofeo de caza,
sabrà star a mi lado
con el mismo amor
conque yo estarè al lado suyo.

III
El amor del hombre que me ame
serà fuerte como los arboles de ceibo,
protector y seguro como ellos,
limpio como una manana de diciembre.

IV
El hombre que me ame
no didarà de mi sonrisa
ni temerà la abundancia de mi pelo,
respetarà la tristeza, el silencio
y con caricia tocarà mi ventre como guitarra
para que brote mùsica y alegrìa
desde el fondo de mi cuerpo.

V
El hombre que me ame
podrà encontrar en mì
la hamaca donde descansar
el pesado fardo de sus preocupaciones,
la amiga con quien compartir sus ìintimos secretos,
el lago donde flotar
sin miedo de que el ancla del compromiso
le impida volar cuando se le occurra ser pàjaro.

VI
El hombre que me ame
harà poesìa con su vida,
costruyendo cada dìa
con la mirada puesta en el futuro.

VII
Por sobre todas las cosas,
el hombre que me ame
deberà amar al pueblo
no como una abstracta palabra
sacada de la manga,
sino como algo real, concreto,
ante quien rendir homenaje con acciones
y dar la vida si es necessario.

VIII
El hombre que me ame
reconocerà mi rostro en la trinchera
rodilla en tierra me amarà
mientras los dos disparamos juntos
contra el enemigo.

IX
El amore de mi hombre
no conocerà el miedo e la entrega,
ni temerà descubrirse ante la magia del
enamoramiento
en una plaza llena de multitudes.
Podrà gritar -te quiero-
o hacer ròtulos en lo alto de los edificios
proclamando su derecho a sentir
el màs hermoso y humano de los sentimientos.

X
El amor de mi hombre
no le huirà a la cocinas,
ni a los panales del hijo,
serà como un viento fresco
llevandose entre nubes de sueno y de pasado,
las debilidades que, por singolos, nos mantuvieron
separados
como seres de distinta estatura.

XI
El amor de mi hombre
no querrà rotularme y etiquetarme,
me darà aire, espacio,
alimento para crecer y ser mejor,
como una Revoluciòn
que hace de cada dìa
el comienzo de una nueva victoria.

lunedì 1 dicembre 2008

domenica 30 novembre 2008

Reportone e non solo....

Penso che il volontario in Servizio Civile dopo un mese pieno di Servizio all'Estero abbia avuto tante belle esperienze.....ma sopratutto l'esperienza dell'ultimo giorno del mese implica una serie di scadenze che provocano incubo e terrore; sopratutto ce ne sono alcune che vale la pena esaminare:

- La contabilità, questa strana attività che lo impegna per tutto il mese, giorno per giorno, annotando tutte le spese, anche quelle più piccole, incluse la tassa di 5 centesimi per andare al Wc pubblico. Giunti all'ultimo giorno del mese si rende conto di avere 100 scontrini da registrare, autocertificazioni da fare e 1000 biglietti dell'autobus da contare. E deve spedire il file della contabilità tutto entro la sera, altrimenti son guai......Finito questo ingrato compito di rendicontazione si accorge che i conti fatti e i soldi che ha in cassa non tornano!!!!!! Mancano 100 euro....dove sono finiti........Chi lo dice adesso alla Domy???

- Il giornale presenze. Questo strano documento che nessuno ha capito cosa serve perchè quando l'hanno spiegato si era tutti mezzi addormentati dal dopo pranzo. Documento utilissimo forse perchè è quello che ci attesta i giorni di servizio e serve all'Ufficio Nazionale per pagarci lo stipendio. Comunque sia è un altro impegno che giunti all'ultimo giorno del mese ti accorgi di aver dimenticato fare e devi imbastirlo negli ultimi minuti che ti rimangono prima di andare a dormire!

- Il REPORTONE o meglio il report di monitoraggio. Il re dei re dei lavori da svolgere per un volontario. Quando ti ci metti a pensare cosa scrivere è troppo presto e ti passa la voglia, quando ti ci metti a farlo è troppo tardi e pensi che non riuscirai mai a finirlo in tempo. Con furbizia si cercano tutti i modi possibili per cercare di scopiazzare qua e là: si cerca di corrompere i volontari SCE più secchioni che l'hanno gia finito da un pezzo facendolo spedire, ma poi il problema che ti ritrovi a copiare la crisi agricola delle banane quando invece ti ritrovi in un paese con un clima simile alla Siberia; si cerca di trovare nella rete dell'ufficio dove si lavora i reportoni dei volontari che c'erano prima di te; si cerca disperatamente su internet tutte le informazioni possibili ma poi scopri che quello che ti serve è tutto scritto in Russo......
Alla fine con buona lena il volontario si accorge che è meglio mettersi giu seriamente e pensare pensare pensare, scrivere scrivere scrivere...........al mattino poi si risveglia con la testa sopra il portatile rendendosi conto che ha scritto solo la parte sulla situazione paese, manca ancora il progetto e situazione personale........e intanto arriva la mail dal capo progetto che attende il Reportone.....qualcuno AIUTI I VOLONTARI!!!





Questo si che è un anno che ti cambia la vita!!

sabato 29 novembre 2008

Elezioni in Romania

Domenica 30 novembre ci saranno le elezioni per il rinnovo del parlamento in Romania. Essendo noi confinanti con questa nazione ci giungono tante notizie in questi giorni.
Ci sono 3 grossi partiti che si contendono la supremazia dei seggi i liberali (ora al governo), i socialdemocratici e i democraticiliberali.
Il tema principale delle discussioni è la crisi economica che sta attraversando il mondo in questo periodo. Tra rassicurazioni che la Romania ne è esente e tra previsioni catastrofiche questi 3 partiti si giocano i seggi disponibili.


C'è pure stata una parentesi populista del parlamento in carica che ha emanato una legge che aumenta del 50% i salari degli insegnati; immediate le contromisure del primo ministro per arginare la valanga di querele e di problemi che sono insorti con questa manovra ammazzabilanciodellostato. Molte le discussioni nate, ma ovviamente ogni leader del partito fa buon gioco per il suo partito usando parole altisonanti e comunque rimandando a dopo le elezioni il vero dibattito.

In Moldova ci sono molti cittadini rumeni che potranno votare nei seggi appositamente installati qua in questo paese. Tutto normale se non fosse che quà il dibattito politico è molto povero. Il governo ci mette del suo per evitare che ci sia informazione. Ad esempio son stati fermati e portati in questura per diverse ore delle persone che attaccavano manifesti elettorali a Chisinau, oppure hanno fermato un politico rumeno in visita qua in moldova e con una richiesta molto precisa dei documenti i poliziotti sono riusciti a non fare entrare il politico e fargli fare la sua propaganda.
La Moldova è un paese che merita attenzione per queste vicende che sembrano irreali ai miei occhi. Vedrò di tenermi informato e tenervi informato.

Intanto teniamo d'occhio queste elezioni in Romania visto che anche lei fa parte della grande Unione Europea.

mercoledì 26 novembre 2008

Il Ministro Frattini a Chisinau

Lunedì 24 novembre abbiamo avuto il piacere di essere presenti all'incontro che il ministro Frattini ha avuto con la comunità italiana in Moldova. Inoltre è venuto per inaugurare la nuova ambasciata italiana che sarà operativa da gennaio 2009.

Eravamo in mezzo quasi esclusivamente a degli imprenditori; ogni tanto sentivo parlare di vacche da latte, capannoni, galline e di nuovi sistemi di mungitura.....molti sono gli imprenditori italiani qua presenti nel territorio moldavo che lavorano.
Dopo aver aspettato mezz'ora nella sala di ricevimento, vediamo spuntare Frattini assieme al nuovo ambasciatore italiano Stefano de Leo. Il suo discorso è breve e punta sopratutto a sottolineare la presenza degli imprenditori italiani in Moldova, per fortuna poi interviene anche l'ambasciatore che fa una piccola nota anche per quanto riguarda la presenza di operatori che lavorano nel sociale.

Unica nota divertente era la presenza di camerieri moldavi che avendo aperto le gabbiette dello spumante in anticipo, ogni 5 minuti capitava che i tappi della bottiglie scoppiavano da soli bagnando tutto il tavolo degli spuntini e rovinando il controsoffito con notevoli ammaccature!


Di seguito un'estratto di articolo dall'ANSA:
Frattini: bene legame Italia-Repubblica moldova
(ANSA) - CHISINAU, 24 NOV - 'L'ambasciata a Chisinau e' un segnale dell'interesse strategico per consolidare il legame con la Repubblica moldova'. Cosi' Frattini. Il ministro degli Esteri lo ha detto subito dopo l'apertura della sede diplomatica italiana. Secondo Frattini l'ambasciata dara' un contributo al ''rafforzamento degli scambi economici e commerciali'' e alla ''presenza delle nostre imprese''. Il responsabile della Farnesina infine si e' augurato un avvicinamento strutturale della Repubblica moldova all'Ue.



Nella foto da sinistra: Stefano de Leo, Franco Frattini, ministro moldavo

martedì 25 novembre 2008

Foto di gruppo con bandiera



Ed ecco il gruppo SCE 2009 al gran completo!

Prima di partire per Chisinau e raggiungere gli amici moldavi, ci voleva una presentazione ufficiale.

Per gli approfondimenti formali, rimando i gentili visitatori alla pagina istituzionale.

I più curiosi potranno invece partecipare al concorso:
"ce la faranno i nostri eroi a non rompere le uova?"...

Ma soprattutto: qualcuno ha spiegato al cameraman che la visione del video è un attimo scomoda?

domenica 23 novembre 2008

...forse un giorno...

Un mese in terra africana, un sogno..l'Africa la sognavo da quando ero bambino, questo continente affascinante, creativo, contraddittorio, devastato da guerre e guerriglie, culture millenarie che si tramandano saperi immensi. Dopo un mese stiamo solo assaggiando un pezzo di Africa, un pezzo di Kenya. Ma queste idee che mi ero fatto si stanno rivelando giuste: il Kenya è affascinante per i suoi colori, i suoi odori, i suoi paesaggi; il modo di rapportarsi con la gente così naturale, così semplice; ogni gruppo etnico ha le sue tradizioni, le sue danze, i suoi saperi, così da formare un intreccio di culture, un crogiolo di lingue e ornamenti.

L'Africa però non è mai in pace, non può mai lasciarti tranquillo: la nuova crisi nella Repubblica del Congo, le due suore rapite e portate in Somalia..eventi che devono sempre far pensare a questa terra come riserva immensa di risorse minerarie, di petrolio, oro e diamanti, di traffici illeciti, di corruzione, di giri di milioni e milioni di dollari, di signori della guerra, di interessi da ogni parte del mondo..un paese intero dove i ricchi sono sempre più ricchi sopra le spalle dei più poveri che si impoveriscono sempre di più, dove migliaia di persone sono costrette a vivere negli slums, senza condizioni igieniche, servizi sanitari, nessun tipo di diritto. Ma prima o poi la gente che abita le baraccopoli si accorgerà, si stuferà di questa situazione. Sappiamo benissimo che i poveri non ci lasceranno dormire, non ci fanno stare tranquilli, nel nostro sistema ricco, nel nostro sistema occidentale, ci mettono in discussione..in occidente stiamo passando da uno sviluppo eco-sostenibile ad uno sviluppo insostenibile, fatto di consumi, di sprechi..in Africa invece è bellissimo vedere come tutte le persone, dai bambini più piccoli fino agli adulti, stanno attentissimi a non buttare via le cose, usano sempre un modo creativo per riutilizzare: sandali fatti con i copertoni delle gomme usati, giochi dei bambini costruiti con cartoni e tappi di bottiglia, e poi hanno una capacità di aggiustare, di mettere a posto quasi incredibile: ombrelli, biciclette, automobili..abbiamo veramente tanto da imparare da questo paese. E sogno che un giorno questa terra viva in pace, che tutte le persone possano liberamente viaggiare per il mondo, vedere posti che ora sono impossibili, la cultura millenaria dell'Iraq, l'Afghanistan, attraversare l'Africa intera, girare tutti i paesi di questo mondo senza delinquenza, rapimenti, violenze...forse un giorno...

Storie dalla Moldova

Durante il nostro mese di esplorazione della Moldova ci siamo imbattuti in un storia che mi ha veramente toccato.

Mihaela è la nonna di di 4 bellissimi bambini e abitano in un villaggio della R.Moldova. In casa ci sono solo loro 5. Il marito di Mihaela è morto e lei vive con una pensione di poche decine di euro al mese. Non solo deve pensare a se stessa ma pure ai suoi nipotini.

Mihaela ha delle figle, ma sono tutte partite per l’estero lasciando i loro figli a casa assieme alla nonna. Il marito di una di queste figlie non si sa che fine abbia fatto. Mihaela non ha contatti con le sue figlie da molto tempo. Deve fare tutto da sola. Ci racconta che ha poco più di 55 anni ma a guardarla ne dimostra molti di più; il lavoro nei campi per tutta la vita ti logora e consuma, Mihaela ne è un esempio.

Nonostante tutto questa nonna riesce a mantenere a mandare all’asilo i suoi nipotini. Alcuni vanno anche al dopo scuola che c’è nel paese.

Le mamme di questi bambini non chiamano mai Mihaela, e non gli mandano neppure dei soldi.

Però nonostante tutto questo nucleo famigliare va avanti, riesce a sopravvivere. Ma a che prezzo e che sacrifici…….

Dalla terrazza del super trendy, cosmopolita e per certi aspetti futuristico Wild Jordan café, la vista del wasat al-balad, la zona più popolare di Amman, colpisce per l'anarchico arroccamento di parabole giganti sui tetti delle povere case di povera gente.
Anche qui modernità fa rima con televisione e interconnessione mondiale. Avanti tutta! Che nessuno rimanga indietro! Si può campare con un piatto di hummus e quattro falafel al giorno ma che nessuno tocchi la TV...

sabato 22 novembre 2008

Paradossi...

Avrei voluto inaugurare questo blog con un post dedicato al Libano, alla vita in Libano, a qualche episodio curioso, qualche aneddoto divertente. Oppure per condividere qualche ricetta, un buon sughetto o un antipasto, o un libro, una foto, una canzone, un film. E sono cose che farò. Ma non oggi.
Oggi vi dico di tre morti.
Tre morti, tra le tante di questo mese di novembre. Tre morti che mi hanno emozionato, arrabbiato, toccato, sconvolto.


Miriam Makeba. Cantante sudafricana e cantante del mondo, per via di un lungo esilio e perché riconosciuta da tutti come una grande artista. Voce stupenda, soave, un po’ delicata, che rilassa, un po’ potente, che scuote. Son belli, a volte, i paradossi. “Mama Africa” era il suo soprannome, perché cantava dell’Africa intera, e cantava di giustizia, libertà, amore, speranza. Cantava contro l’apartheid sudafricano, e per questo ha avuto non pochi problemi. L’ultimo canto, impegnato come sempre, l’ha fatto proprio in Italia, qualche giorno fa, a Castelvolturno, durante un concerto in solidarietà di Saviano e delle vittime di camorra. Un attacco di cuore ha attaccato il suo cuore a fine concerto. E’ la natura che fa il suo corso? Sì, però a volte è difficile non pensare che anche la natura, fa attentati.
Se avete voglia guardate questo video, Miriam che canta una canzone di Paul Simon, con lui.
Brividi.
http://www.youtube.com/watch?v=MB26L8nbRiw


L’evidenza, e la democrazia. Basta una sentenza. Che assolve gli ufficiali presenti al massacro avvenuto alla scuola Diaz, Genova 2001, durante i giorni del G8. E che condanna poche persone, quattro gatti, tutti “manovali”. Del manganello, ma sempre manovali. Nessuna responsabilità, nessun disegno, nessun progetto, nessun ordine, nessun ordine, niente ordini, solo iniziativa personale. Un po’ strano, quando gli unici posti della società in cui esiste lo scarico delle responsabilità davanti ai crimini, in cui ci si può appellare alle frasi “ho eseguito gli ordini”, “ho fatto il mio dovere” sono le forze armate e di polizia. Significa far morire l’evidenza, negarla. Fanno schifo, a volte, i paradossi.
Significa anche, secondo me, un po’ di democrazia in meno. Come una bella forma di formaggio, che ne so, il Grana, da cui piano piano si staccano dei pezzettini. E poi? Aspettiamo che rimanga solo la buccia? Come un contenitore vuoto?


Oggi, 22 novembre, a Torino. Non so il nome, probabilmente a breve lo saprò, ma anche senza nome, sconvolge. Magari so chi è, magari qualche mio amico lo conosce, magari no.
Il tetto di una scuola, il Liceo scientifico Darwin di Rivoli, presso Torino, crolla a causa del forte vento. Muore un ragazzo di 17 anni, quarta G. Un altro ragazzo ferito grave, altri feriti.
Non so più che dire. Vi chiedo di pensare a lui, e se qualche volta lo fate, di dedicare lui una preghiera, alla sua famiglia, ai suoi compagni, alle persone che gli volevano bene.
A volte mi vien da dire “Basta vi prego! Coi paradossi…”

Daniele

Hanno rapito il nostro professore in Transnistria!!!!!

Oggi avevamo lezione alle 13.00 col nostro professore di fiducia che ci insegna rumeno.
Alle 13.00 ci presentiamo alla sua scuola ma ci accorgiamo che è tutta chiusa....passano i minuti e intanto il freddo ci assale.

Dopo 10 minuti lo chiamiamo.....non risponde....
Dopo 3 minuti lui ci fa uno squillo....lo richiamiamo....non risponde...
Proviamo a richiamarlo 2-3 volte.....non risponde....
All'ennesimo tentativo ci risponde!!

La linea si sente male, c'è un fruscio di fondo continuo. Il professore riconosce la mia voce.....la voce del professore è tutta agitata, veloce, impaurita....

Capisco solo queste cose:
- ho un problema
- Transnistria
- Arrivederci
Il profe ci ha tirato il bidone per la lezione. ma perchè????

Che è successo al nostro professore??? E' andato in transnistria ed è cominciata la guerra per l'indipendenza?? L'armata rossa l'ha fermato e arrestato??? Il nostro profe è un contrabbandiere di armi???

Con questo dubbio continuiamo il nostro week end sperando di rivedere martedi il professore per la prossima lezione!!!

venerdì 21 novembre 2008

A cena con l'ambasciator

Giunti in Moldova l’ultima cosa che avevo in mente era di fare una cena con l’ambasciatore. Cena organizzata dalla nostra responsabile che lo conosce da poco visto che è giunto qua appena poco prima di noi.

Ovviamente il vestito elegante non c’è l’avevo perché in valigia era l’ultima cosa che avevo in mente di mettere. Me la sono comunque cavata con una camicia e una cravatta che avevo messo dentro per caso; il resto era un jeans e un paio di scarpe di tutti i giorni. Facevo un po ridere come si può immaginare.

Andiamo a mangiare in un locale dove scopriamo che fanno musica a palla quindi per tutta la sera gli unici interlocutori sono le persone che sono affianco e bisognava urlare per capirsi. Il cibo è ottimo e l’ambasciatore si rivela una persona molto curiosa di quello che facciamo e molto alla mano.

La parte più bella sono state le MIE FIGURACCE: la prima quando il cameriere mi chiede di servire i vini; io non capendo cosa mi diceva (parlave rumeno pure) ho servito un goccio di vino a tutti pensando che volesse farcelo assaggiare…finita la mia minuziosa opera di versamento tutti mi guardano con faccia strana pensando: ma sei un pistola!! Riempili sti bicchieri!! E intanto il cameriere se la stava ridendo di brutto…..
La seconda è stata quando parlando del mercato che c’è a Chisinau io esordisco nel discorso dicendo all’ambasciatore una frase che avevo sentito dire: “ …perché al mercato trova di tutto, solo gli OCCHI UMANI non trova signor ambascitore….” ….la mia responsabile si era intanto nascosta sotto il tovagliolo dalla vergogna.
L’ultima figuraccia l’ho fatta lanciando senza fare apposta un menù (pesantissimo tra l’altro) in mezzo alla sala dove facevano musica, poiché il nostro tavolo era su un soppalco che aveva la vista su questa sala . Per fortuna non ho beccato nessuno in testa ma le risate e la figuraccia l’ho suscitata comunque!! Anzi il dj che mixava musica l'ha raccolto e ha ordinato qualcosa appena dopo.....

Conclusione??? La mia responsabile si è vergognata a morte, e a causa mia le ho fatto perdere tutta la sua credibilità. L’ambasciatore non saprei….magari si è divertito a vedere le mie gaffe!! Di sicuro si ricorderà di me……

Tra pochi giorni avrò un'altra occasione per fare delle figuracce. In Moldova viene Frattini, il ns. ministro degli esteri. Vuole incontrare gli italiani presenti e siamo invitati anche noi al pranzo. La mia responsabile però mi sa che stara lontano da me almeno 10 metri per tutto l’incontro!! Io invece cercherò di fare il bravo…col ministro non posso fare il Pistola!!!

Vi racconterò!

Alla prossima.

giovedì 20 novembre 2008

La comunità in R.Moldova


Ci siamo divisi equamente i compiti:
c'è chi stira e c'è chi "lavora" al pc!
A voi indovinare!

Chisinau e dintorni

Ciao a tutti. Ormai è già un mesetto che sono qua a Chisinau (Repubblica Moldova). Son partito con l'idea di arrivare nel paese più povero d'Europa ma appena sono arrivato qua nella capitale di 21 ottobre alle 23.00 mi sembrava di essere nella capitale del Bengodi. Palazzi altissimi e bei parchi mi hanno accolto all'entrata della città, strade ben pulite e abb ordinate, lampioni che illiminavano i palazzi più importati, chiese e quant'altro che potessi vedere sotto la debole luce che emanava la città di sera.

Al mattino del giorno dopo ci facciamo un giro in città a piedi e anche quà vedo bella gente vestita alla moda, filobus e autobus che portano in giro un sacco di moldavi, vediamo i palazzi enormi del governo, i supermercati e i centri commerciali. C'è pure il Mac Donald e il negozio dell'Adidas. Insomma una città coi fiocchi, la capitale insomma.

Appena però usciamo dalla città per visitare il resto del paese (dove ci sono la quasi totalità dei progetti sociali) la realtà che incontriamo sotto gli occhi è ben diversa. I palazzi sono scomparsi per lasciare spazio a vecchie case monopiano coperte da tetti in Eternit, la gente è vestita alla bene meglio, a volte incontriamo carretti trainati da cavalli, le strade hanno buche ovunque. Anche nelle cittadine più popolate della R.Moldova è difficile ritrovare il "lusso" della capitale.
Nei villaggi piccoli e molto rurali si vede la netta differenza tra questa capitale ricca e dotata di ogni comfort e il resto della popolazione moldava. Per fare solo un esempio l'acquedotto nei villaggi è quasi inestente e in ogni angolo ci sono pozzi che vengono tutt'ora moltissimo usati.

Come altri stati dell'ex URSS anche in R.Moldova si può vedere la forzata e innaturale crescita dell'edilizia della capitale, accompagnata dall'abbandono e dall'ulteriore impoverimento della provincia. Tra la capitale e il resto del paese si creano in tutti i campi mostruosi divari.

1.000.000 di persone vive a Chisinau. Un quarto della popolazione della R.Moldova.

Vivere in provincia significa fare il "campagnolo", significa miseria, mancanza di futuro.
La capitale invece promette vita migliore, avanzamento di carriera, comodità.

Ma è vero che la capitale promette tutto questo??? Andare in città è la via migliore per uscire dalla povertà????
Non penso.

Alla prossima

Virus in Giordania

Eccomi!!!
Vi saluto tutti calorosamente e vittoriosa. Credo che il buon Sergio abbia voluto mettermi alla prova donandomi la magica USB "Giordania 2" prima della partenza. Secondo me se la rideva tra i denti...
Dopo un mese di SCE il pc è completamente impazzito. Mi sembrava di essere alle prese con un esorcismo. Impossibile da debellare potendo contare solo sulle mie forze. Fortunatamente è arrivato in soccorso il responsabile computer di Caritas Jordan, dopo 2h di scuotimenti di testa e faccie sempre più contrite ha scovato un modo per debellare il temibile Virus Trojian. Non sò se qualcuno tra voi abbia mai avuto a che fare con questo, io nessun precedente. Debellarlo è difficilissimo, non ne vuole sapere di mollare il presidio. Nella sede Caritas abbiamo assistito ad una lotta all'ultimo sangue. Nitriti che uscivano dal computer, vi giuro che non sto scherzando, situazione tragico-comica....e non è finita qui, un tecnico in connessione telefonica da milano mi ha dovuto assistere telefonicamente per formattare il pc.
Insomma ce l'hò fatta, esercismo eseguito con successo, ora è possibile riavviare il sistema.
Un Forte Abbraccio

mercoledì 19 novembre 2008

Grana padano in R.Moldova…..mission impossible….

Ciao a tutti, inauguro questo blog parlando di cibo. E si, perché saremo pure all’estero ed è sicuramente bello ed interessante scoprire i gusti e i sapori locali però…….però come si fa a rinunciare ai propri sapori della terra da cui proveniamo. Io da bravo mantovano soffro di astinenza al Grana Padano, alimento indispensabile per una moderata dieta mantovana.

Tutto è cominciato dopo una settimana che mi trovavo in R.Moldova. Man mano che passavano i giorni sentivo che nella pasta che facevamo mancava qualcosa….mi accorgevo che tornando dall’ufficio e aprendo il frigo non trovavo qualcosa a me familiare da spiluccare prima di cena….l’apice è stato quando mi son sognato di notte di sposarmi con una forma di Grana e avere dei figli a forma di provolone…

Allorchè è cominciata la mia ricerca disperata di Grana:
- sono andato dapprima al mercato dove però vendono solo formaggi locali;
- poi ho cominciato a frequentari super mercati, a destra, a sinistra, su, giu, insomma ho guardato in tutti i supermercati ma niente da fare neanche qua.
- ho chiesto ai miei colleghi moldavi se sapessero cos’è il Grana e dove trovarlo ma tutti mi facevano la faccia come se li avessi offesi..
Insomma non si trovava.

L’altra sera c’è stata la svolta. Un italiano che sta qua in R.Moldova da tempo mi dice che alla METRO di Chisinau c’è il grana. UOAH…grande grandissimo, finalmente so dove trovarlo.
Oggi finalmente ho l’occasione di andarci. Sono tutto emozionato, quando entro alla METRO mi tremano le gambe, mi dirigo al banco frigo…..frutta no….salumi no…..formaggi si!! Ci sono i formaggi. Guardo attentamente tutti gli scaffali ma non trovo niente…guardo meglio…riguardo meglio….ri-ri-guardo….riririririririguardo ancora…..

NIENTE!!!! NIENTE GRANA PADANO IN R.MOLDOVA!!!!

Come faccio?????????
Appena torno il 12 dicembre a Mantova mi ubriaco di grana padano. Lo giuro!

Alla prossima.
Lorenzo
Ed eccomi qua: Libano.

Once upon a time Oriana era in Beirut, ora a Dbayeh, due realtà completamente diverse “signori e signore che si dia inizio alle danze” il sipario si apre e presenta un nuovo scenario. Di fatto, è come se abitassi nuovamente in un paesino di provincia dopo aver assaporato i gusti cittadini. Beirut è un’entità unica in tutto il Paese sia nelle sue negatività sia per quell'aria tutta inquinamento e Cultura che si respira. Descrivere la magia di questo luogo è banalizzare ciò che rappresenta. Non è il cemento e il traffico volgare che distingue la capitale dal resto del paese...è lo spirito beiruttino (e non il show-off) che definisce il suo ruolo mitico.

Ora sono a Dbayeh, un nuovo inizio. Piovoso e...pericoloso. La pioggia rende molte strade impraticabili, alcune auto sono vecchie e si fermano continuamente per via delle candele bagnate. Per dare un esempio: andando a fare la spesa abbiamo preso due taxi, uno in andata e uno per il ritorno. Orbene, entrambi hanno fatto un piccolo incidente e nessuno si è fermato per chiamare il perito. Anzi, il primo taxi - che non poteva affatto permettersi di aver ragione - si è persino messo a gridare contro il conducente dell’auto tamponata il quale, ovviamente, voleva imbastire un discorso per un eventuale risarcimento.

Bisogna comunque riconoscere che abbiamo ricevuto un particolare benvenuto. La mattina seguente le sopraccitate peripezie automobilistiche mi sono svegliata credendo che niente avrebbe potuto perturbare la mia quiete. Come dirlo...mi son sbagliata! Mentre ero in cucina a preparare il thè una macchiolina nera sempre più grande ha attraversato la stanza per finire a nascondersi dietro il frigorifero...un bel topolino. Errata corrige: un topolone gigante, una pantegana, altro che il tenero protagonista di “Ratatouille”. Il tutto è finito drasticamente per l’insolito ospite e non entro nei particolari in quanto «ho visto cose che voi uomini neanche immaginate (navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. Ho visto i raggi B balenare alle porte di Tannhäuser. Tutti questi momenti andranno persi nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire». Tratto dal film Blade Runner).

Il cibo libanese è come lo ricordavo, squisito. Ogni giorno mi riprometto una dieta...da cominciare il lunedì seguente. In quanto forza di volontà non rappresento un esempio da emulare. Sono, tuttavia, in Libano come promesso un dì con una nuova avventura, talmente appassionante! E sono tra i miei nuovi amici: gli anziani che usufruiscono dei servizi di Caritas Lebanon-Migrants Center al campo palestinese cristiano di Dbayeh. Gli utenti parlano tutti e solo arabo: io non capisco e questo genera in me una sorta di frustrazione perché vorrei esprimermi e ascoltarli, stabilire con loro una relazione più profonda per cancellare un po’ di solitudine e di quotidiana problematicità. Nonostante la difficoltà linguistica, mi rendo conto che un sorriso, una carezza o un bacio a una guancia rugosa carica di storia, sono gesti che raccontano più di tante parole (anche perché i vecchietti spesso sono sordi...;-P).

E c’è una nuova “finestra” che disperde il mio sguardo verso uno scorcio di orizzonte bagnato dal mare...racchiuso tra due palazzoni e con la continua presenza di petroliere ma i tramonti sono di fatto suggestivi e io, come il Piccolo Principe, mi ritrovo a osservarli con un po’ di nostalgia nel cuore e tante speranze per l’avvenire.

Halas. Basta. Ho voluto narrare delle briciole di me. Attendo qualcosa di voi da voi.